mercoledì 21 agosto 2013

Mozart

60,2.

Mozart, K216.
Secondo tempo, adagio.
Note lunghe e grandi respiri prima di un inchino. Piccoli balzelli prima di una piroetta.
Trilli lenti e calcolati, è una musica felice, ma sembra quasi che serva per piangere.
Come una ragazza che si sposa, o una mamma che diventa nonna.
Poche note, ma proprio per questo sono tutte importanti.
Ogni nota è pesata, quasi fosse una parola fondamentale in un discorso complesso.
Leggero. Ti muovi su una massa di neve fresca senza lasciare nessuna impronta.
Note acute appese ad un filo, le senti solo se ti concentri.
Salti da una nota all'altra come se avessi le ali, ogni atterraggio è delicato.
E poi, la cadenza. Violino solo.
Frasi brevi e interrotte. Le ultime note sono così flebili da non riuscire quasi a sentirle.
Il discorso prende corpo, doppie corde pesate, molto forti. Tutto il discorso è legato.
Lungo trillo e poi
Orchestra.
Per finire: una frase già detta con qualcosa di nuovo, per racchiudere tutta la poesia di cinque minuti di musica. Si finisce tutti insieme, nessuna coda.

Mozart. Non ci sono parole adatte per descriverlo.

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