sabato 20 aprile 2013

Red like Blood

Ieri mattina sono arrivate per posta le mie analisi del sangue dall'AVIS (si, faccio la donatrice).
Per fortuna ero sola in casa e sono riuscita a nascondere la lettera prima che la vedessero i miei.
Anche quando stavo bene mia madre le apriva sempre, perchè i miei esami erano impeccabili e le faceva piacere leggere le analisi, che poi metteva tutte insieme in una cartellina verde vicino al suo computer.
Stavolta non le dirò che sono arrivate, spero che se ne dimentichi. Non posso fargliele vedere, perchè avrebbe la conferma dei numerosi dubbi che ha in questo periodo sul fatto che non voglio più mangiare.
La glicemia è sotto i 60, i trigliceridi non esistono, emoglobina al limite minimo, ferritina e creatinina sotto il minimo.
Per chi non se ne intende sono un film dell'orrore.
So che probabilmente per una ragazza con problemi alimentari le analisi del sangue sono l'ultimo dei problemi, ma questo non vale per me. Mi piace donare il sangue, mi piace essere una donatrice, pensare di poter fare del bene alle persone perdendo solo 10 minuti di tempo e 450 ml di sangue ogni sei mesi.
Ora vogliono che torni tra un mese per rifare le analisi e non so cosa fare.

Ogni tanto vorrei poter chiudere la porta della mia camera, rintanarmi nel letto sotto le coperte e stare lì finchè i giorni non si confondono tra loro. Non dover uscire di casa per affrontare la vita, perchè ho troppa paura di non riuscire, paura di dimostrare agli altri che, davvero, non sono niente di speciale.
Questa settimana la voglia di farlo è stata tanta, avrei voluto stare a casa e non andare in Uni, non vedere nessuno, non sentire nessuno, perchè sembra che qualunque cosa mi ferisca.
Ripensandoci adesso avrei fatto bene, perchè avrei evitato tanto brutte situazioni in cui non mi è piaciuto trovarmi; come ad esempio quando il mio compagno di uni ha guardato delle vecchie cicatrici sul braccio (quasi invisibili per chiunque, ma non per lui) e mi ha chiesto cosa fossero.
Con lui nessuna bugia può reggere.
La delusione che gli ho provocato è stata palpabile, dolorosa e terribile. Si è ripromesso di aiutarmi, ma io sono già pentita di averglielo detto, e vorrei cancellare tutto, vorrei tornare a mercoledì mattina e morire di caldo ma non togliermi quel maledetto maglione di dosso.
E' difficile spiegare cosa stai combinando quando tutto nella tua testa è così dannatamente confuso.
La domanda peggiore è "Perchè lo fai?"
Già, perchè? Qual'è il pensiero scatenante?
Sentirsi a disagio in qualunque momento della vita, che sia con amici o sconosciuti, sentirsi goffa e inguardabile nel proprio corpo, sentirsi di troppo anche nella propria testa, continuare a convincersi che così non va bene, che sono pensieri malati ma pensarli ugualmente; volere scomparire quando la gente ti guarda, o parla di te (anche per farti degli sciocchi complimenti), non sentirsi adeguate, vere, carine, intelligenti, perfette qualunque cosa succeda; avere la consapevolezza che non ha importanza quello che fai, non sarà mai abbastanza.
Allora la domanda giusta sarebbe: "Perchè no?"

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